Benedetta Casagrande

Sintetica presentazione personale

Benedetta Casagrande (1993) è una fotografa, scrittrice e curatrice Italiana formata in Inghilterra. La sua esperienza curatoriale inizia a Venezia, affiancando Aurora Fonda alla A più A Centro Espositivo Sloveno (2012). Nel 2013 si trasferisce a Brighton dove consegue una laurea in Fotografia (BA) alla University of Brighton e dove inizia ad affiancare il fotografo Matt Henry nella sua galleria, One Eyed Jacks Photographers Gallery (2013). Assieme, curano l’esibizione American Ecstasy della fotografa americana Barbara Nitke. Insieme al collega Michele Amaglio, nel 2016 lanciano Ardesia Projects, una piattaforma di critica fotografica disponibile in due lingue (It/Eng) promuovendo uno scambio culturale tra l’Italia e l’Inghilterra. Con Ardesia Projects curano due esibizioni per il Brighton Photo Fringe 2016: SCREENED con James William Murray, Sean Padraic Birnie e Alberto Sinigaglia, e Brighton Photo Fringe Open Hub con Michele Amaglio e Dimitri D’Ippolito.

La sua pratica artistica esplora la memoria e la relazione tra arti figurative e perdita romantica. Ha partecipato in esibizioni collettive a Firenze (Bottega D’Arte Merlino, 2014), Bratislava  (installate sui mezzi pubblici per il Month of Photography 2014), Brighton (British Journal of Photography Open Call nella One Eyed Jacks Photographers Gallery, e Anatomies nella Naked Eye Gallery), Cina (Pingyao Photography Festival 2017), Milano (Milano Studi Festival 2017),  Arizona (Femme Fotale Leafless vol.VI, 2017), Irlanda (PhotoIreland 2017), e altri siti internazionali. Nel 2015 inaugura la sua prima mostra personale Ichthys al Centro Culturale Polivalente di Catania, svoltasi alla fine di una residenza d’artista.

 

Cosa ti spinge ad esprimerti attraverso forme artistiche? (emozioni, pensieri o azioni)

L’arte, di per sé, è una forma di linguaggio alternativo alla lingua. Il linguaggio fotografico in particolare mi affascina per via della sua relazione imprescindibile con il referente. Senza il mondo empirico, senza l’oggetto, la fotografia non può esistere. Eppure, nonostante questo legame, non fornisce altro che un’illusione, un furto, un dislocamento dell’oggetto in un’altra forma. Il mezzo fotografico quindi diviene un mezzo attraverso il quale fare ricerca; una ricerca sul potente influsso della fotografia sul nostro modo di comprendere il mondo che ci circonda, sulle possibilità di distorsione, e sulle politiche di rappresentazione. L’occhio che osserva il mondo è educato dall’occhio di chi lo fotografa. Per questo le politiche di rappresentazione infliggono un peso maggiore sul mezzo fotografico: piuttosto che divenire un mezzo attraverso il quale osserviamo e mappiamo lo spazio, essa diventa uno schermo attraverso il quale filtriamo la realtà circostante.

 

Che messaggi intendi offrire e a chi?

La mia ricerca si può definire fluida e spazia tra temi apparentemente distanti l’uno dall’altro; dalla perdita romantica allo spazio teatrale e scenico del fotografico, dalla sessualità alla nostra comprensione di ciò che ci circonda. Tutti i miei progetti nascono da un filo di ricerca coerente, ma nonostante ciò non penso di poter parlare di un messaggio specifico ad un pubblico specifico. Pubblici diversi (esperti del settore contrapposti ad un pubblico meno “preparato”) avranno interpretazioni diverse di ciò che viene comunicato. Personalmente trovo che sia fondamentale che il pubblico possa rispondere al lavoro in maniera autonoma, permettendo che il lavoro si riveli in forme diverse.

 

4 opere che ritieni ti rappresentino maggiormente

Tutto il mio lavoro mi rappresenta! E sono affezionata ad ogni immagine. Chiedere di sceglierne quattro è come chiedere di scegliere chi è il figlio preferito: non posso!

 

Dove vederti o trovarti

Tutti i progetti finalizzati sono disponibili su www.benedettacasagrande.com  - altrimenti, per seguire le attività di Ardesia Projects e leggere i nostri testi, potete andare su www.ardesiaprojects.com

 

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